In pochi mesi i prezzi di pellet e legna da ardere sono raddoppiati.
Degasperi: “Per l’inverno mancherà prodotto, si rischia di rimanere al freddo”
Rsa, alberghi, aziende agricole e privati, in tanti usano il pellet per il riscaldamento ma i prezzi sono schizzati alle stelle. Degasperi: “Nel 2021 un sacco di pellet costava al massimo 5 euro oggi può arrivare a 16”. L’ allarme dei grossisti: “Non si trova la materia prima”

Di Tiziano Grottolo – 23 luglio 2022 – 09:23 Condividi
TRENTO. L’Italia si trova in una situazione paradossale: in una delle estati più calde di sempre ci si deve preoccupare del riscaldamento invernale. È anche per questa ragione che l’ormai ex presidente del Consiglio Mario Draghi era stato in Algeria per negoziare delle nuove forniture di gas in modo da emanciparsi da quelle russe.
La guerra in Ucraina però ha avuto ripercussioni anche sul mercato della legna da ardere e del pellet, i trucioli utilizzati come combustibile per il riscaldamento. Di fatto le sanzioni contro la Russia hanno provocato un aumento della richiesta di biomassa in tutta Europa, al tempo stesso la grande domanda interna ha portato a una forte riduzione delle esportazioni di pellet da parte di Paesi leader del settore, come Austria e Germania. Questo mix di fattori ha fatto aumentare i prezzi che in alcuni casi sono addirittura raddoppiati.
Anche le aste dei lotti boschivi hanno registrato una crescita compresa fra il 20 e il 50%, con ripercussioni che gravano sul prezzo dei prodotti finali. È la stessa Associazione italiana energie agriforestali che sottolinea come gli acquisti di stufe che utilizzano la biomassa siano cresciuti del 20%.
Un grossista trentino che da tempo opera nel settore della vendita di pellet per il riscaldamento denuncia le criticità riscontrate: “Riforniamo soprattutto aziende agricole, alberghi ed enti pubblici ma il problema è che non si trova la materia prima che serve per creare questo combustibile. Quasi tutta la segatura – sostiene il grossista – finisce fuori regione ma così si corre il rischio che in inverno manchi il prodotto”.
Della questione se ne sta occupando anche il consigliere provinciale Filippo Degasperi: “Centinaia di strutture e famiglie rischiano di rimanere al freddo il prossimo inverno”. Le segnalazioni che sono arrivate al consigliere di Onda sono dello stesso tenore di quanto riferito a Il Dolomiti dal commerciante all’ingrosso.
“Nel 2021 il prezzo del pellet, basato su una quantità minima di 15 chilogrammi al sacco, si aggirava tra i 3 e i 5 euro al sacco. Oggi anche dai grandi fornitori di pellet molte marche non si trovano e i prodotti disponibili hanno un prezzo che si aggira intorno agli 8-16 euro al sacco, per un valore di 1 euro per ogni chilo di pellet”. Recentemente la guardia di finanza ha sequestrato oltre 5.000 tonnellate di pellet contraffatto proveniente da Russia e Bielorussia. Un ulteriore segno di quanto questo mercato possa essere redditizio.
“Negli ultimi anni – dice Degasperi – questo combustibile è diventato una fonte energetica per centinaia di famiglie e strutture del nostro territorio. Basti pensare che la maggior parte degli alberghi di Madonna di Campiglio hanno adottato questa tecnologia per garantire il riscaldamento alle migliaia di turisti che giungono ogni inverno in Val Rendena. Non solo, oltre alle abitazioni private anche numerose Rsa del Trentino e uffici della pubblica amministrazione fanno oggi uso di stufe a pellet”.
Il problema riguarda proprio la scarsissima reperibilità dello scarto di lavorazione che verrebbe stoccato e venduto per la maggior parte fuori regione, così le industrie specializzate nella produzione di pellet e chi lo commercializza rimangono tagliati fuori. “È incomprensibile – conclude Degasperi – pensare di continuare a vendere materia prima, necessaria alla produzione di biomassa, fuori regione. Il rischio altrimenti è quello di rimanere senza il combustibile lasciando al freddo centinaia di comuni trentini”.
Fonte: IL DOLOMITI